mercoledì 14 maggio 2014

CHET IN PARADISO

Quando Chet cadde dalla finestra del suo albergo, ad Amsterdam, e pose termine alla sua travagliata esistenza, non impiegò molto tempo ad arrivare di fronte a San Pietro; ne impiegò molto di più ad arrivare la sua scheda segnaletica, che fu subito intercettata da san Pietro. La esaminò per bene rigirandosela per le mani, sempre più imbarazzato e nervoso.
Dovete sapere che san Pietro era un fan segreto di Chet, amava il jazz ed in particolare quello suonato dal trombettista, ma non voleva che lo si sapesse in giro. Il jazz era a malapena sopportato, era considerata una musica che troppo spesso flirtava con il boss dell’underground, l’inquilino dell’interrato, il diavolo insomma. La musica ufficiale del paradiso era quella solare di Mozart o quella meditabonda dei canti gregoriani, Beethoven ed i romantici erano considerati un po’ troppo inquieti, figurarsi il jazz.
Eppure san Pietro aveva pensato di affidare a Chet la direzione di uno dei tanti cori di angeli e beati, con il posto di solista di tromba e canto.
Però... c’era un però: la scheda di Chet era così piena di misfatti che non si poteva pensare proprio di passarci sopra: avrebbe dovuto stare in purgatorio per almeno una cinquantina d’anni ad espiare, magari suonando la musica di Lames Last o del Guardiano del Faro e cantando tutte le canzoni dei Pooh. E san Pietro non aveva voglia di aspettare ancora..
I misfatti poi, alla fin fine, erano tutti riconducibili ad uno solo: droga. I guai che aveva combinato, i piccoli imbrogli, le amicizie tradite erano solo dovute alla sua continua ricerca della droga. “Anche con questa drastica semplificazione non posso farlo passare” pensava il nostro santo sempre più nervoso- “Non possiamo!”
Eppure doveva trovare una soluzione.
Dopo un po’ di tempo passato a rimuginare visibilmente contrariato, si fece portare la tromba d’oro di Louis Armstrong e la consegnò a Chet, pregandolo di suonare qualcosa sulla veranda accanto al grande ingresso del paradiso, veranda che guardava su un anfiteatro di nuvole che si stava lentamente riempiendo di beati che si apprestavano ad assistere a un concerto.
Chet impugnò la tromba e, dopo qualche momento di incertezza incominciò a suonare My funny Valentine. Scelse questo brano forse perchè era stato il suo primo grande successo e non voleva rischiare troppo, forse perché era il brano che più aveva suonato nella sua vita e questo lo faceva sentire più sicuro in un momento così particolare.
Iniziò un po’ titubante poi la tromba cominciò a distendere veli sonori morbidi ed accattivanti, senza però essere stucchevoli e banali. Non c’era saccarina nella musica che Chet stava suonando (era forse l’unica polvere bianca ignorata da Chet), c’era dolcezza certamente ma anche un fondo amaro di chi ha vissuto la vita ai margini, c’era un candore infantile che si imponeva a dispetto di una voce rugosa, rotta a tutte le esperienze.
C’era, soprattutto una bellezza diversa da quella solare che solitamente veniva percepita in paradiso: era la bellezza della sofferenza, o meglio la bellezza nonostante la sofferenza. Quella bellezza che in punta di piedi ti sapeva consolare dei tuoi guai e ti dava la voglia di andare avanti: la bellezza di un’umanità un po’ stracciona, un po’ meschina ed un po’ ingenua.
Quando la tromba finì il suo acuto un po’ calante, ci fu un attimo di silenzio e di immobilità, come se nessuno sapesse che fare, poi cominciò un applauso sempre più convinto, che mai si era visto da quelle parti.
La maggior parte dei beati piangeva, commossa per la musica, qualcuno fu preso dalla nostalgia di qualche parente che stava più sotto in brutte acque, ed a qualcuno, per un attimo solo naturalmente, venne persino la nostalgia della vita sulla terra.
In alto in un angolo dell’empireo il triangolo divino pulsava luce rossa come un cuore affannato; una goccia scivolò su un lato inclinato del triangolo, arrivò fino al vertice basso e cadde giù, finendo sulla cartella segnaletica di Chet cancellando ogni nota segnaletica, lasciandola bianca immacolata.
San Pietro la guardò stupito, guardò in alto il triangolo divino, sorrise e rivolto a Chet disse: con una scheda così nessuno la può cacciare, venga pure …c’è un coro che l’aspetta. Ed anche una tromba, finalmente sua…
(Alberto Arienti)

2 commenti:

  1. Bello! Mi hai fatto pensare alla commedia di Eduardo De Filippo "De Pretore Vincenzo" ;)
    Ciao Barbara

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