Quando Chet cadde dalla finestra del suo albergo,
ad Amsterdam, e pose termine alla sua travagliata esistenza, non
impiegò molto tempo ad arrivare di fronte a San Pietro; ne impiegò
molto di più ad arrivare la sua scheda segnaletica, che fu subito
intercettata da san Pietro. La esaminò per bene rigirandosela per le
mani, sempre più imbarazzato e nervoso.
Dovete sapere che san Pietro era
un fan segreto di Chet, amava il jazz ed in particolare quello
suonato dal trombettista, ma non voleva che lo si sapesse in giro. Il
jazz era a malapena sopportato, era considerata una musica che troppo
spesso flirtava con il boss dell’underground, l’inquilino
dell’interrato, il diavolo insomma. La musica ufficiale del
paradiso era quella solare di Mozart o quella meditabonda dei canti
gregoriani, Beethoven ed i romantici erano considerati un po’
troppo inquieti, figurarsi il jazz.
Eppure san Pietro aveva pensato di
affidare a Chet la direzione di uno dei tanti cori di angeli e beati,
con il posto di solista di tromba e canto.
Però... c’era un però: la
scheda di Chet era così piena di misfatti che non si poteva pensare
proprio di passarci sopra: avrebbe dovuto stare in purgatorio per
almeno una cinquantina d’anni ad espiare, magari suonando la musica
di Lames Last o del Guardiano del Faro e cantando tutte le canzoni
dei Pooh. E san Pietro non aveva voglia di aspettare ancora..
I misfatti poi, alla fin fine,
erano tutti riconducibili ad uno solo: droga. I guai che aveva
combinato, i piccoli imbrogli, le amicizie tradite erano solo dovute
alla sua continua ricerca della droga. “Anche con questa drastica
semplificazione non posso farlo passare” pensava il nostro santo
sempre più nervoso- “Non possiamo!”
Eppure doveva trovare una
soluzione.
Dopo un po’ di tempo passato a
rimuginare visibilmente contrariato, si fece portare la tromba d’oro
di Louis Armstrong e la consegnò a Chet, pregandolo di suonare
qualcosa sulla veranda accanto al grande ingresso del paradiso,
veranda che guardava su un anfiteatro di nuvole che si stava
lentamente riempiendo di beati che si apprestavano ad assistere a un
concerto.
Chet impugnò la tromba e, dopo
qualche momento di incertezza incominciò a suonare My funny
Valentine. Scelse questo brano forse perchè era stato il suo primo
grande successo e non voleva rischiare troppo, forse perché era il
brano che più aveva suonato nella sua vita e questo lo faceva
sentire più sicuro in un momento così particolare.
Iniziò un po’ titubante poi la
tromba cominciò a distendere veli sonori morbidi ed accattivanti,
senza però essere stucchevoli e banali. Non c’era saccarina nella
musica che Chet stava suonando (era forse l’unica polvere bianca
ignorata da Chet), c’era dolcezza certamente ma anche un fondo
amaro di chi ha vissuto la vita ai margini, c’era un candore
infantile che si imponeva a dispetto di una voce rugosa, rotta a
tutte le esperienze.
C’era, soprattutto una bellezza
diversa da quella solare che solitamente veniva percepita in
paradiso: era la bellezza della sofferenza, o meglio la bellezza
nonostante la sofferenza. Quella bellezza che in punta di piedi ti
sapeva consolare dei tuoi guai e ti dava la voglia di andare avanti:
la bellezza di un’umanità un po’ stracciona, un po’ meschina
ed un po’ ingenua.
Quando la tromba finì il suo
acuto un po’ calante, ci fu un attimo di silenzio e di immobilità,
come se nessuno sapesse che fare, poi cominciò un applauso sempre
più convinto, che mai si era visto da quelle parti.
La maggior parte dei beati
piangeva, commossa per la musica, qualcuno fu preso dalla nostalgia
di qualche parente che stava più sotto in brutte acque, ed a
qualcuno, per un attimo solo naturalmente, venne persino la nostalgia
della vita sulla terra.
In alto in un angolo dell’empireo
il triangolo divino pulsava luce rossa come un cuore affannato; una
goccia scivolò su un lato inclinato del triangolo, arrivò fino al
vertice basso e cadde giù, finendo sulla cartella segnaletica di
Chet cancellando ogni nota segnaletica, lasciandola bianca
immacolata.
San Pietro la guardò stupito,
guardò in alto il triangolo divino, sorrise e rivolto a Chet disse:
con una scheda così nessuno la può cacciare, venga pure …c’è
un coro che l’aspetta. Ed anche una tromba, finalmente sua…
(Alberto Arienti)
Bello! Mi hai fatto pensare alla commedia di Eduardo De Filippo "De Pretore Vincenzo" ;)
RispondiEliminaCiao Barbara
grazie Barbara
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