8 - 1971: Un anno critico
E'
un anno strano che vede Miles non entrare mai in uno studio di
registrazione: è probabile che ci sia un calo d'ispirazione, forse
un'incertezza sulla via da percorrere dopo il successo inatteso e,
magari una voglia di tirare il fiato, magari per problemi personali e
di salute.
E i concerti decollano alla grande solo col tour
europeo di ottobre-novembre.
Però in quell'anno Davis firma un
cntratto triennale con la Columbia per 100,000 $ l'anno e di questo
si vanterà parecchio.
E a novembre esce l'album doppio
"Live/Evil" che, fin dalla copertina, vorrebbe ripetere il
colpo di "Bitches Brew". Ancora una volta c'è il tema
della duplicità che Mati Klarwein esprime, su richiesta di Miles,
raffigurando il bene e il male. Un'idea che rappresenta bene, in
fondo la personalità di Davis, aggressivo e furente ma anche
introspettivo e sensibile. Qui però diventa anche un gioco
enigmistico con le parole lette al contrario: Live/Evil;
Sivad/Davis; Selim/Miles.
Il disco è duplice anche perchè
riunisce registrazioni di studio (giugno) e dal vivo (dicembre, al
Cellar Door di Washington) del 1970 e questi due aspetti un po'
confliggono e contribuiscono a produrre un disco un po' sfuocato,
mancante di un vero baricentro. Bella musica in un disco
interlocutorio, forse inevitabilmente. E per la prima volta
ascoltiamo Davis usare il padale whawha.
I concerti
europei, variamente documentati solo da bootleg, vedono la seguente
formazione:
Miles Davis (tp), Gary Bartz (ss, as), Keith Jarrett
(el-p, org), Michael Henderson (el-b), Ndugu Leon Chancler (d),
Charles Don Alias (cga, perc), James Mtume (cga, perc).
La musica
eseguita, sostenuta da un incessante tappeto di percussioni, poteva
essere definità "funky", anche per via delle linee di
basso, semplici ma efficaci, di Michael Henderson, solido musicista
che aveva suonato con Stevie Wonder. Mancava una chitarra, che Davis
riteneva indispensabile al suo progetto d'ispirazione hendrixiana (ma
Mclaughin suonava con Lifetime) ma poteva esibire un Keith Jarrett in
forma, che suonava stabilmente due tastiere (una per mano),
aggiungendo poi effetti speciali con aggeggi più piccoli posati
sopra le tastiere. Era sostanzialmente lui che dirigeva i concerti,
gestendo i cambi di tempo e mood che una notevole disivoltura,
grugnendo in diedi nei momenti di massima tensione e facendo
spettacolo a sè.
Davis, invece, sembrava impegnato a
giochicchiare col pedale del whawha, chinato su se stesso, con la
tromba rivola verso il basso. Qualcuno disse con un'immagine acuta
che "metteva gli accenti alle melodie. Sicuramente era stanco,
probabilmente soddisfatto e poco propenso a salti mortali, almeno per
il momento.
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